Sole quieto e Sole attivo
Il sole non è una stella variabile in senso classico, poichè non presenta variazioni rilevanti della sua irradiazione determinate da modificazioni strutturali. È però soggetto a mutamenti, che avvengono su scale di tempo molto brevi e che manifestano in superficie ed tutti i livelli atmosferici. Il complesso di questi fenomeni prende il nome di "attività solare". Si usa perciò definire il Sole "quieto" quando tali fenomeni sono assenti ed "attivo" quando essi sono presenti.
Com'è noto, il termine "Sole quieto" è puramente convenzionale, perché la nostra stella mostra comunque una certa attività di fondo che è strettamente connessa con la sua struttura fisica. Sappiamo infatti che la convezione subfotosferica determina la granulazione, un insieme di strutture fini che cambiano incessantemente su una scala di tempo dell'ordine di una decina di minuti. Esistono inoltre strutture lievemente oscillanti che interessano l'atmosfera solare ed hanno un periodo di 5 minuti con velocità diverse in fotosfera ed in cromosfera, oltre ai complessi modi di oscillazione di tutta la massa di gas. In cromosfera si osserva la "supergranulazione" con vita media delle supercelle dell'ordine del giorno e dove sussistono moti convettivi dal centro al bordo, zona di localizzazione dei campi magnetici, e moti verticali di gas più lenti. Gli esempi citati costituiscono solo la parte più conosciuta della fenomenologia del Sole quieto: è comunque sufficiente notare che la più bassa delle velocità con cui si muove il gas ai bordi delle supercelle corrisponde a 360 km/h per comprendere immediatamente quanto poco si concilii con il dinamicissimo Sole l'interpretazione usuale che si dà del termine "quieto", solitamente associato ad un concetto di staticità e di assenza di perturbazioni. In realtà ciò che caratterizza il "Sole attivo" e lo distingue nettamente dal "Sole quieto" non è tanto la completa assenza di fenomeni osservabili, che, come si è visto, non sussiste mai, bensì la presenza di fenomeni che comportano la concentrazione e quindi la liberazione di enormi quantità di energia in tempi brevissimi.
Indicatori diretti e indiretti
È più appropriato allora parlare di "stato di minima attività", poiché lo stato di Sole quieto è limitato nel tempo e rappresenta solo la "calma che precede la tempesta". Infatti i moti convettivi cui è soggetto il gas nella fase quieta conducono progressivamente alla concentrazione di campi magnetici in regioni che compaiono sempre più frequentemente in fotosfera e cromosfera fino a raggiungere una massima frequenza di apparizione, che definisce Io "stato di massima attività", per poi diminuire nuovamente verso un nuovo minimo di attività. Esistono diversi modi per studiare tale andamento dell'attività solare in funzione del tempo, ciascuno dei quali si basa su un diverso "indicatore", che può essere un fenomeno direttamente osservabile sul Sole, come ad esempio le macchie fotosferiche, oppure la rilevazione di un effetto indiretto, come il verificarsi delle aurore polari sulla Terra, causate dall'interazione di particelle cariche di origine solare con l'atmosfera terrestre. Le macchie solari sono certamente il più evidente fenomeno di attività ed anche il primo ad essere stato osservato. Infatti compaiono sulla fotosfera e sono perciò visibili in luce bianca anche con l'ausilio di un modesto telescopio. L'osservazione visuale o fotografica non richiede l'impiego di costosi filtri applicati allo strumento se non un semplice filtro neutro per attenuare la luce oppure è sufficiente proiettare direttamente l'immagine del disco solare su uno schermo. Il conteggio giornaliero del numero di macchie è indicativo della presenza di intensi campi magnetici e quindi adatto a fornire una misura quantitativa dell'attività, poiché si è detto che l'attività solare è connessa con l'evoluzione di campi magnetici e questi sono fortemente concentrati nelle macchie solari.
Riduzione dei dati
Anche se i campi magnetici associati alle macchie vennero individuati da Hale solo 60 anni più tardi, Rudolf Wolf ideò già nel 1848 un "indice di attività" il numero relativo di Zurigo o di Wolf (R), che quantifica il numero e l'importanza delle macchie sulla fotosfera in modo semplice ma efficace ed è oggi espresso come: R= k (l0g+J), dove g è il numero di gruppi presenti ad una certa data, f il numero complessivo delle macchie esistenti sul disco e k una costante di normalizzazione, molto prossima all'unità, che deve essere determinata sperimentalmente poiché tiene conto dello strumento impiegato e delle condizioni di osservazione in modo da uniformare il valore ottenuto da osservatori diversi. Riportando allora in un grafico il numero relativo di Zurigo, ricavato giornalmente, è possibile seguire l'evoluzione dell'attività solare. Per evidenziare più agevolmente il ciclo solare undecennale è però necessario ridurre le fluttuazioni statistiche ed in particolare l'effetto dovuto alla rotazione solare, ricavando dei valori medi mensili e calcolando quindi un nuovo indice mensile perequato in base ai valori dei sei mesi precedenti e dei sei mesi seguenti quello interessato. Un altro indice molto usato, perché rispecchia l'andamento del numero di Wolf si ottiene misurando con un radiotelescopio la potenza radio emessa dal Sole alla lunghezza d'onda di 10,7 cm, poiché tale emissione ha origine in cromosfera proprio al di sopra di gruppi di macchie o di facole. C'è da aggiungere che le misure radio, a differenza di quelle ottiche, non risentono delle condizioni di visibilità (nubi, foschia, ecc.). Una rete mondiale di Osservatori solari fa confluire le proprie osservazioni al centro internazionale di raccolta dei dati situato a Boulder nel Colorado, che cura la preparazione di una collana di pubblicazioni periodiche denominata Solar-Geophysical Data inviata su richiesta a tutti gli interessati allo studio dell'attività solare.
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